A volte bisogna fermarsi

 

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A volte bisogna fermarsi. Mi stranisco io stessa a dirlo. In fondo non scriverei un blog di questo tipo se non avessi l’animo nomade e sempre alla ricerca di qualcosa. Ma i filosofi ci hanno perfettamente spiegato quanto  l’essere umano sia fatto di contraddizioni, di grigio, di giallo, di verde, di rosso..

Così di primo mattino, nel vortice dei mille pensieri, delle mille cose da fare e da organizzare, delle ruminazioni e rimuginazioni, del chi si ferma è perduto, io oggi ho deciso di fermarmi. Di aspettare. Di bloccare quel traffico che la mattina affolla non solo le strade di città, ma anche la mia mente e probabilmente quella di molti di voi. Perchè se è vero che questo flusso impazzito di preoccupazioni, idee, progetti e manie ti fa sentire vivo e t’assicura d’esser sempre pronto nella gara degli obiettivi, d’altra parte cela abilmente il suo inganno, il rischio di renderti vulnerabile, di lasciarti perso in questo marasma, di paralizzarti, di impedirti di focalizzare e stabilire priorità. Che poi quello che conta davvero e ti fa stare bene non sempre e non per forza devi cercarlo in giro, fuori di te. A volte quel che conta è il qui e ora.

E non è diverso per il viaggio… Chi, come me, aspira ad una vita fatta di viaggi e di vagabondaggi, potrebbe (e dovrebbe) ad un tratto apprezzare il gusto della fissità. E anzichè immaginarsi felice nel cuore del Giappone durante l’hanami, o su Machu Picchu in Perù, o in Lapponia sotto l’aurora boreale, potrebbe fermarsi, spalancare gli occhi e guardare la sua stanza, il suo piumone, il suo comodino pieno di libri e salviettine struccanti della sera prima, i suoi vestiti disordinati sulla poltroncina, e potrebbe godere di questo, godere di questo immobilismo, di questa inerzia, di questa certezza… che poi mai certezza è. E poi potrebbe guardare fuori dalla finestra ed ammirare il solito bar sotto casa e sorridere a quei soliti volti, il solito supermercato con l’insegna rotta, il solito cane del vicino che non smette di abbaiare, il solito parrucchiere che tutte le mattine quella anziana signora si ferma a salutare.

Beh si, forse oggi ho un po’ svarionato e divagato, lo ammetto… Sarà colpa dell’app Headspace che ogni mattina mi costringe a meditare!! Di una cosa sono sicura però: a volte bisogna fermarsi… ma solo a volte!

Ci sono delle volte in cui la vita ti costringe ad abbandonare per un po’ la tua semplice ed inaspettatamente meravigliosa normalità, le tue aspirazioni, i tuoi desideri. Quello che ti fa sentire vivo insomma. Come viaggiare ad esempio.

Chissà a quanti capita.

Quel desiderio di camminare per vie sconosciute, quella necessità viscerale di girovagare, quel bisogno di novità e di ignoto, io ho dovuto per un po’ metterli da parte, soffocata da una realtà inattesa ed indesiderata. Ma l’altro giorno, nel buio della stanza, il soffitto è diventato un pianoforte e le dita di qualcuno hanno cominciato a danzare su di esso, dapprima quasi esitanti, poi libere e deliziose come una ballerina de Lo Schiaccianoci. Moon River…le note di Moon River… E lì, occhi chiusi, è iniziato il mio viaggio. Ho passeggiato per il St James’s Park di Londra, ho spiato la magnifica miniatura di Parigi attraverso le grate sulla Torre Eiffel, ho indossato lo sciarpone appena comprato ad una delle bancarelle lungo il Nyhavn a Copenaghen, mi sono fermata a mangiare il currywurst in uno dei chioschi berlinesi, ho proseguito in auto verso l’isola di Skye, ho guardato Audrey accennarmi un saluto mentre suonava la chitarra, ho assaporato il tramonto fiorentino sulle scale di piazzale Michelangelo, mi sono addormentata sotto un cielo stellato sulla spiaggia thailandese di Choeng Mon.

Un malinconico surrogato è vero, di soli quindici minuti, ma di spensieratezza, di sorrisi, di consapevolezza che forse anche quel quarto d’ora di viaggio immaginario vada assaporato.

Non posso che ringraziare il mio vicino di casa e il suo pianoforte !