Colazione amara

Oggi faccio colazione con veleno.
Colazione con senso di impotenza e frustrazione. Oggi faccio colazione con la mia lingua che è meglio che io mangi altrimenti chissà.. Faccio colazione con la mia integrità dopo averla calpestata un po’. Faccio colazione con quel viscerale senso di protezione che nutre l’orsa verso i suoi cuccioli e cucciole. E con il timore di insegnare al mio che l’essere accettati conta  piu che essere se stessi. Faccio colazione con un turbinio di domande e dubbi.

Da quando sono rientrata in Italia mi è spesso capitato di dovermi scontrare con un’ancestrale visione della maternità e con la pratica della genderizzazione infantile.
Ho scoperto che ci sono scuole dell’infanzia che insegnano l’educazione di genere, ovvero educano maschi e femmine in modo diverso; e dove persino gli spazi sono pensati in modo separato e differenziato, per esempio, cito testualmente, “i maschi hanno un bel campo da calcio mentre le femmine uno piccolino”. O scuole dell’infanzia dove l’accesso ai corsi dipende dal sesso, per cui potrai frequentare ginnastica ritmica se sei femmina e atletica se sei maschio, mentre per danza acrobatica tutt* sono ben accett*.
Poi sono stata aggiunta alla chat di classe, rigorosamente di competenza delle mamme, dove, nonostante aver “favorito” l’ingresso dei papà, le mamme continuano a rivolgersi solo alle “care mamme” perché è scontato siano solo loro le operatrici di cura e gestione dei piccoli e delle piccole. E questo si estende a qualsiasi tipo di incombenza, una fra tutte l’organizzazione dei regali di compleanno, per cui viene creato un gruppo whatsapp specifico dove le mamme aggiungono solo le mamme. Così, ti ritrovi gravata di nuovi impegni solo perché donna e salvo solo perché uomo; ti ritrovi ad esser considerata l’unico genitore di tuo figlio, il quale sorprendentemente però porta spesso il cognome dell’altro di genitore. E quei poveri papà che invece rivendicano la loro genitorialità si ritrovano esclusi.

Io per ora scrivo; scrivo perché non posso normalizzare, non riesco ad accettare che “le cose sono così, non si può cambiare la mentalità”. Ma scrivo anche perché non parlo, mi nascondo, per paura che se mi esponessi il mio piccolo potrebbe risentirne, essere emarginato. Sarei fuori dalla lobby delle mamme (evviva) ma lui potrebbe essere escluso da quella dei bimbi. Così taccio, per ora, e mando giù. E penso ai miei libri, i miei studi, le mie ricerche, a tutto quello che ho imparato e in cui credo, penso ai sacrifici e alle lotte femminili nei secoli, ai gruppi di autocoscienza, al Secondo Sesso, al gender gap, al lavoro di cura sproporzionato, al carico mentale, alla libertà.
E no, non riesco a pensare “ma dai è solo la chat delle mamme”.

E devo scegliere, chi essere.